lunedì 14 luglio 2008

da Luna Paese

Quelli che seguono sono frammenti di una lettera inviataci da Luna Paese due giorni fa.

Dopo la performance a Soloinazione è nata in me l’esigenza di scrivere qualche riga sull’esperienza passata.
Innanzitutto sono rimasta molto positivamente colpita dalla possibilità di scambio di questo spazio. Raggruppare in un’unica serata percorsi di ricerca molto differenti tra loro, e la possibilità per i performer di poter vedere il lavoro dell’altro, spostava per me a livello individuale la prospettiva di ognuno. La rara possibilità di poter condividere uno spazio così libero e abitabile per me è molto feconda a livello individuale; parlo per me, mi interessa moltissimo poter vedere e conoscere, anche se in minima parte, l’interessante percorso di altre persone. È un’esperienza che non solo banalmente mi arricchisce, ma mi spinge ad assumere altre prospettive rispetto al mio lavoro, a pormi delle domande nuove, a mettermi in discussione.
La scelta di ospitare progetti in fase di lavoro, mischiare performer con un bagaglio di esperienze e un lungo percorso alle spalle e performer emergenti come me, è una scelta molto coraggiosa, priva di pregiudizi ed etichettamenti, e secondo me è da lì, da quello spazio rischioso e anche fecondo, che può emergere una qualità artistica enormemente ricca . Da Elvira, che ha proposto un estratto di un lavoro in corso, a Claudia, che ha messo in campo una disponibilità inusuale rispetto al suo percorso abituale, ad Alessandra, che mi ha emozionato come già in altre circostanze; in più la disponibilità, l’umiltà nello scambio: il panorama era confortante, in tempi non facili per nessuno.

In questo senso l’allestimento, così poco teatrale-strutturato, mi permetteva perfettamente di osservare questo interrogativo da vicino. Lo spostamento di orientamento del pubblico praticamente ogni quarto d’ora, era già una possibile performance. La qualità sorprendente era la fluidità con cui questi cambi avvenivano.
La statica che mi costringe a stare seduta, spesso per più di un’ora, mi pone in una situazione di passività; subisco in un certo senso quello che accade dall’altra parte. In questo caso la situazione era molto vicina al campo di scambio. Credo che lo spostamento di orientamento abbia contribuito a muovere il pubblico, letteralmente, pur non facendo di questo, fortunatamente(!), un oggetto di riflessione.
Leggevo in un’intervista recente a Paolo Rosa di Studio Azzurro (parla delle esperienze interattive, ma il concetto espresso è facilmente traslabile): “Lo dimostrano proprio le esperienze interattive in cui lo spettatore è coinvolto ad intervenire in modo reale sull’evoluzione di un percorso, di un’opera, demolendo il tabù della sacralità della stessa e del suo autore in favore di un processo di condivisione e di partecipazione. L’uguaglianza non è sinonimo di appiattimento mediatico, come in buona parte avviene ora, ma è la possibilità, anzi la responsabilità, di poter collaborare, di poter donare, ciascuno secondo le sue possibilità e le sue differenze. È difficile essere ottimisti in un’epoca come questa, tuttavia l’ottimismo non è solo un sentimento, ma una necessità costruttiva.”


A presto!
Luna

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